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Tradimento!
Disperatissima sul forum
di Primo Casalini



left alone - terracotta di eva antonini

Nel forum "Questioni d'amore" di Gianna Schelotto è comparso un pietoso caso. Ha scritto una Disperatissima, d'ora in poi per brevità la chiamerò Dispe, che è fidanzata da 9 anni e che è prossima al matrimonio. Bella cosa, direte voi, salvo il caso che due anni fa, durante una "crisi profonda", Dispe ha tradito il fidanzato per otto mesi con il suo miglior amico. Ed ora Dispe è disperatissima perché non sa che fare: dirglielo o non dirglielo al fidanzato, prima di salire all'altare - parla proprio così, è pure laureata, la misera. Se glielo dice, il fidanzato la molla, se non glielo dice, ne avrà eterno rimorso, oltre al rischio che il fidanzato prima o poi sappia degli otto mesi di tradimento. Nel forum si susseguono interventi sul pietoso caso, la maggior parte favorevoli a mantenere una rigorosa omertà.

Vorrei però fare alcune osservazioni:

Otto mesi... dettagliare, prego. Escluso il caso di un rapporto durato ininterrottamente otto mesi, quanti congressi carnali (così si chiamano) hanno avuto luogo negli otto mesi? Otto ? Ottanta? E' importante in quanto ci giochiamo la recidiva e la premeditazione. Inoltre, il fidanzato potrebbe avere una soglia critica di sopportazione: settantanove li accetta, ottanta no.

Perché proprio otto mesi? E non sette? O nove? C'è un evidente nesso cabalistico, la famosa kabbalah in azione.

Se il miglior amico del fidanzato è così, come è il peggiore?

Non è che ci fosse un patto segreto fra i due amici: "Vai avanti tu che io mi prendo otto mesi sabbatici"? Tutto sarebbe restato in famiglia o quasi.

I due fedifraghi, hanno lasciato tracce in giro? Che so io, biglietti del tram o del cinema, conti in pizzeria, scontrini di farmacia, DNA in alcova, regalini vicendevoli? Far sparire tutto, con accuratezza.

C'è la possibilità che arrivino lettere anonime da parte di qualche parente ficcanaso, di qualche peggior amico sentitosi trascurato, dello stesso miglior amico che vuol continuare a divertirsi?

Va detto che un fidanzamento di nove anni è impresa non da poco. Non giungo alla cinica asserzione per cui, come il matrimonio è la tomba dell'amore, un fidanzamento lungo ne costituisce il funerale, ma non son tutte rose e fiori. Si comincia a sedici anni, partendo già in modo progettuale, come una ghianda che ha in sé l'intera quercia - se sopravvive alle zanne dei cinghiali. Quindi, non abbracciari serotini su spiagge marine - che fra una settimana si torna a casa, né notti di luna piena nel parcheggio della discoteca Zanzibar - che domani cambiamo discoteca, ma una cosa proprio ammodo, in cui gli amplessi si fanno man mano meno ingenui e furtivi, ma più comodi, sino a giungere nel giro di qualche anno ad una efficace ripetitività, sebbene un po' sbadigliante. Si festeggia la donna, il San Valentino, l'onomastico, il compleanno. Ci si presenta a vicenda le amiche e gli amici (occhio!). Ci si infesta di telefonate e messaggini. Si rinunzia a gradevoli opportunità, in quanto il vero amore che stanno vivendo non consente distrazioni, ci vuole concentrazione, non stiamo mica scherzando, noi due! Si offre il proprio avanbraccio, a volte persino la natica, a tatuaggi con frecce, cuori e nomi, ahi ahi anche i nomi. Si progettano comuni studi universitari in gradevoli città d'arte del Centro Italia: ci si addolora per la bocciatura di lui, si gioisce, di più di più!, per la promozione di lei. E arriva il settimo anno, con le complicanze ben conosciute. Solo che si è un po' fuori dal giro, e si ricorre al cerchio ristretto delle amicizie, quelle intime.
Signori della Corte: una relazione clandestina di otto mesi con il migliore amico di lui è come un mini-fidanzamento in nero, senza bollini né tasse, ma con una propria regolarità da lavoro a tempo determinato. Per poi tornare all'amore dei sedici anni, quello vero, a tempo indeterminato, ormai trasformatosi in robusto querciolo, da ghianda che era. Ma le tracce del malfatto permangono: la coscienza soffre, il rimorso scava e la paura incombe, perché il miglior amico è sempre lì, pronto magari ad esigere una ulteriore tranche di tempo determinato. Ma si poteva fare altrimenti?

eva antonini

Mi è pervenuta una fiaba, difatti i nomi sono ariosteschi, quindi non può essere che una fiaba.

“Quando la conobbi, Fiammetta aveva 23 anni. Era fresca di laurea e viveva per lavoro nella mia città, mentre Ricciardetto, il suo moroso dai sedici anni in poi, stava in un'altra città. Non bella, bellissima piuttosto per gli occhi sempre curiosi, divisi a metà fra ironia e affetto e per il sorriso, che quando partiva la illuminava fino agli alluci. Al primo accenno appassionato da parte mia, mi disse NO regalandomi un enorme lecca-lecca, comprato da un ambulante, che certo ricorda ancor oggi la risata che facemmo insieme. Che fare? Divenimmo amici, e ci raccontavamo cose nostre, più lei di me, veramente. Una sera a cena mi fa: "Quando ho tradito Ricciardetto per la prima volta..." " Ma lo viene a sapere, Ricciardetto, che tu lo tradisci?" "Eh, sì, prima o poi glielo dico. Lui ci soffre, ma mi vuol bene". Lì per lì, pensai male di Ricciardetto, che non conoscevo. Mi parve debole e stupido.
Ma nel tempo cambiai idea, perché anche Fiammetta amava Ricciardetto, e soffriva pure lei, se tradita. Ma questo, la maliarda non me lo disse, era troppo orgogliosa per ammetterlo con gli altri. Lo si capiva da certi lunedì, quando tornava e per tutto il giorno il sorriso le partiva tirato. E la frase "Ricciardetto è intelligente, Ricciardetto mi vuol bene" non diveniva tiritera solo perché sapeva porgerla in mille modi diversi. Credo che tradisse perché si stancava a dire di NO. Ogni tanto, per qualche equinozio, le scappava il SI. O qualche solstizio. Selettiva però, mai banale: la vidi, una sera in cui tutte erano affascinate dal bellone di turno e pure lei lo era, volgere lo sguardo fastidita, appena s'accorse del vuoto del soggetto. Sono convinto che lei e Ricciardetto portassero entrambi fieno nella loro cascina, man mano ampliando il recinto. Senza strategie, senza gioco delle parti, così perché così gli andava. Niente bandiera di coppia aperta, piuttosto un rapporto mai stanchevole e in un certo modo sempre a rischio.
Poi la vita, crudele, ci allontanò - ma quale vita crudele, siamo noi ad esserlo.
Tre anni dopo seppi che Fiammetta e Ricciardetto si erano sposati. Me lo vedo, il loro matrimonio, lei soprattutto. Niente vestito bianco, un tailleur piuttosto e magari un cappellino moschettiere, colla piuma al vento. Al momento di dire il "Sì" udito anche dal sagrato, guardò certo il celebrante, che metaforizzò in un "Santa Maria Maddalena!" un disagio che gli faceva tremar le ginocchia. E Ricciardetto si guardava attorno serio e un po' ironico con quell'aria da cervo capobranco. Altri anni ancora, e appresi che diverse figlie avevano allietato il rapporto. Avessero preso dalla mamma! Sarebbe bello”.

Come sarà invece il matrimonio della nostra Dispe?
Assai sfarzoso, abito bianco, Ave Maria di Schubert (anche quella di Gounod, non facciamoci mancare niente), lo sposo assorto nella sua aria fidente. Al fianco, il suo miglior amico fa il testimone e lo conforta e rassicura. Le foto usciranno anche sul giornale locale.



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  30 settembre 2006