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Museo della Grande Guerra - foto Franco Isman


Museo della Grande Guerra
Ai piedi della Marmolada
a cura di Franco Isman


La Marmolada, la Regina delle Dolomiti veniva chiamata, con i suoi 3342 metri di altezza ed il suo splendido ghiacciaio. Ma il ghiacciaio si è terribilmente ridotto e, visto in estate, sporcato dai detriti e interrotto da numerosi roccioni, fa davvero tristezza.

Soltanto negli ultimi cinquant'anni la sua estensione si è ridotta di più di un terzo: 330 ettari nel 1950 (SADE – quella del Vajont), 208 ettari nel 2004 (ARPAV – Centro valanghe di Arabba) e lo spessore è diminuito in modo analogo. Ma nel 1774 si poteva valutare a 600 ettari (Anich e Huber) e nel 1888 a 495 (Richter). Colpa dell'aumento della temperatura ma ancor più della diminuzione delle precipitazioni nevose: mediamente 8 metri all'anno negli anni '50, 5 metri ai nostri giorni. I dati sono ripresi dal bel libro “Il ritiro del ghiacciaio della Marmolada” di Andrea De Bernardin, l'ideatore e l'anima del Museo della Grande Guerra al passo Fedaia, subito sotto la Marmolada, appunto.

La Marmolada negli anni '30 - foto Giuseppe Ghedina
La Marmolada negli anni '30 - foto Giuseppe Ghedina
La Marmolada ai nostri giorni
La Marmolada ai nostri giorni

Il Museo è un grande amore e all'amore non si comanda, basti pensare che De Bernardin, ma possiamo chiamarlo Andrea, ad un certo punto della sua vita ha cominciato ad appassionarsi a queste testimonianze della Grande Guerra, a raccoglierle e ad esporle in uno, poi due piccoli locali, poi in gran parte del piano terra della dependance del rifugio di famiglia ai piedi della Marmolada, al passo Fedaia. Nel 2003 il grande passo: con il consenso della famiglia, e con non pochi problemi burocratici, ha rinunciato alla certamente lucrosa licenza di ristorante e in quei locali ha traslocato le sue “ferraglie” e molte altre testimonianze della guerra concesse dal cugino Dino, gran raccoglitore di reperti bellici, e da altri appassionati. Il Museo della Grande Guerra era nato.

Di musei di questo genere ce n'è più d'uno e spesso in zone che hanno vissuto direttamente il tragico scontro fra i due eserciti, fra gli Alpini italiani e gli Alpenjäger austriaci, con veri eroismi e ancor più con attacchi e contrattacchi quasi suicidi contro postazioni munitissime, protette da reticolati e mitragliatrici, voluti dagli alti comandi per i quali “le perdite” erano soltanto numeri di un tragico Risiko.

cittą di ghiaccio 1  cittą di ghiaccio 2  cittą di ghiaccio 3

In Marmolada gli austriaci avevano costruito una vera e propria “Città di ghiaccio”: 12 chilometri di gallerie, con ponti sui crepacci, cenge attrezzate, depositi ed alloggiamenti, al riparo dal nemico italiano ma anche dalle spesso rigidissime condizioni atmosferiche. Nel terribile inverno 1916-17, il peggiore di tutto il secolo, sulla Marmolada una singola slavina spazzò via 300 soldati austriaci, ma i morti in alta montagna nei due eserciti furono migliaia.

I ghiacciai si ritirano, e nel ritirarsi lasciano allo scoperto quanto il ghiaccio aveva pietosamente racchiuso: corpi di soldati, armi ed attrezzature di ogni genere. A Milano, per raccontare di una persona vestita molto all'antica, si diceva “el par vegnü foeu dall'Adamél” alludendo a questi macabri ritrovamenti. Nel Museo della Grande Guerra ci sono numerosi reperti anche degli ultimi anni: elmetti in perfetto stato di conservazione, berretti, divise, attrezzature, financo un libro ritrovato in una baracca di legno costruita all'interno della Città di ghiaccio.

mitragliatrici - foto Franco Isman 

Pezzi forte del museo sono forse due mitragliatrici, austriaca l'una, la famosa “Schwarzlose” 8 mm, ed americana l'altra, la “Maxim 1910”, usata dagli italiani e, di corredo, una interessante carica nastri austriaca. Naturalmente non poteva mancare il nostro famoso fucile modello '91 con il corrispondente moschetto austriaco del 1895.
E poi proiettili, granate, bombe a mano, bombe e bombarde di ogni tipo e calibro, italiane e austriache, e Andrea ve ne potrà spiegare le diverse caratteristiche ed utilizzazioni.

mazze ferrate - foto Franco Isman  corazze Farina - foto Franco Isman  bombe a mano e proiettili - foto Franco Isman

Particolarmente interessanti le tragiche “corazze Farina”, dal nome dell'inventore, che avrebbero dovuto proteggere i soldati che le indossavano, spesso comandati a tagliare i fili dei reticolati, ma in realtà del tutto inefficienti, come dimostra il relativo “elmetto Farina” esposto con un foro di proiettile esattamente in centro alla fronte. Lo aveva raccontato Emilio Lussu nel suo eccezionale “Un anno sull'Altopiano”, ripreso nell'altrettanto celebre film di Rosi “Uomini contro”.
Impressionanti le mazze ferrate austriache, sol che se ne conosca l'uso cui erano adibite: finire i feriti ed i soldati gassati.

filo spinato 
E poi pinze tagliafili, spesso tragicamente inefficienti, baionette, coltelli, binocoli, periscopi da trincea, lampade, telefoni da campo, cucine, stufe, martelli perforatori. E ancora maschere antigas, elmetti, cappelli, divise, medaglie. Ed anche documenti, interessante in particolare un volantino austriaco, destinato ad essere lanciato nelle linee italiane, che spiegava come l'Austria fosse stata attaccata e l'inutilità della guerra da parte italiana.

book shop - foto Franco Isman 

Come in tutti i musei che si rispettino non poteva mancare il “book shop”, e qui su due banconi sono esposti praticamente tutti i libri sulla Grande Guerra (ed anche sulla Seconda) attualmente in commercio: 450 titoli, probabilmente la raccolta più completa che si possa trovare.

Insomma il museo, pur piccolo, vale un viaggio, per quel che mostra a chi sappia vedere e pensare ed anche come tributo all'entusiasmo di chi lo ha voluto e continua a migliorarlo. E speriamo che qualcuno gli regali un cannone, nel piazzale antistante il Museo ci starebbe proprio bene !

Franco Isman

Le foto della Marmolada e della Cittą di ghiaccio sono tratte dal libro "Il ritiro del ghiacciaio della Marmolada" di Andrea De Bernardin, il filo spinato dal sito http://www.cimeetrincee.it, le altre foto sono dell'autore.


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  7 ottobre 2006