Barocco e bancarelle a Palermo
Testo e foto di Toti Iannazzo
Palermo, come gran parte delle città siciliane, grandi e piccole, ha
un'impronta marcatamente barocca. Malgrado le importantissime
architetture di stile arabo-normanno, talvolta però improvvidamente
contaminate proprio dal barocco, com'è il caso della cattedrale
arabo-normanna, sulla quale svetta una contrastante cupola
settecentesca.
Ma nei vicoli, in quello che fu per secoli - e che in parte è
ancora - il cuore pulsante della città, predomina il barocco (c'è
anche, di quando in quando, il romanico e il gotico; ma è l'eccezione,
non la regola). Chiese o cappelle barocche si incontrano frequentemente
nei vicoli o nelle zone vicine. Ed è un barocco piuttosto ricco, spesso
ridondante. Ben diverso dal barocco della Sicilia sud-orientale, quello
di Noto, Ragusa, Modica, Scicli, che chi ha visto la serie televisiva
del commissario Montalbano ha avuto occasione di ammirare; e che, al
confronto con quello di Palermo, è quasi sempre più essenziale, persino
spartano.
Nei vicoli ci sono anche, come a Napoli, i
mercati. Negozi a josa, grandi e piccoli, che coprono tutto il panorama
merceologico. Ma, sopratutto, bancarelle; anche queste di tutti i
generi, ed in particolare di alimentari. E talmente, anch'esse,
ridondanti e trabboccanti di merce che diventa naturale confrontarle
con quel barocco così ornato che è lì vicino.
Tutti hanno sentito parlare della Vuccirìa, non foss'altro perché hanno
avuto occasione di ammirare il bel quadro di Guttuso con lo stesso
nome, che quel mercato rappresenta molto realisticamente, baroccamente
ricco, colorato e vario com'è in effetti. La fama della Vuccirìa,
peraltro, deve aver varcato i confini italiani, se è vero che una
graziosa giapponesina, sulla cui cartina il luogo era marcato con un
vistoso cerchio rosso, mi ha chiesto le indicazioni per arrivarci.
Ma la Vuccirìa non è il solo mercato all'aperto di Palermo: ce ne sono
almeno altri due, a Palermo notissimi come la Vuccirìa, ma meno noti
fuori, ed altrettanto colorati e affollati. Uno è Ballarò, da cui ha
preso nome la nota trasmissione di attualità di RaiTre; l'altro è noto
come il Capo. Questi tre mercati si trovano in zone diverse della
città, che ai tempi della dominazione araba facevano probabilmente
parte di un'area unica, che costituiva la medina araba. Essi infatti
pur essendo relativamente lontani tra di loro, sono collegati da una
rete intricatissima di vicoli che, in buona parte sono essi stessi dei
mercati all'aperto. Ma mentre i tre che ho nominato sono soprattutto
mercati di alimentari, negli altri vicoli si può trovare di tutto:
scarpe, abbigliamento, elettrodomestici, valige, lampadari.
E' proprio in questa rete di vicoli che si trovano le sorprese.
Prendiamo, ad esempio, Vicolo Sant'Agostino. Malgrado la toponomastica
cittadina lo elevi a Via, esso è proprio uno di quei vicoli
perennemente occupati da bancarelle. Vi si trova l'omonima chiesa, la
quale, oltre ad un bel portale gotico (ecco un'eccezione!) sormontato
da un ricco rosone, entrambi trecenteschi, ha un bellissimo chiostro,
molto ben curato, la cui quiete contrasta con il perenne vocìo
dell'adiacente vicolo; ma sopratutto ospita alcuni dei più bei stucchi
di Giacomo Serpotta (che però non sono i suoi più famosi, che invece si
trovano nell'Oratorio di S. Zita; ma questa è storia di un altro vicolo
palermitano). Secondo il particolare stile di questo artista
settecentesco, famosissimo a Palermo ed in tutta la Sicilia occidentale
- e recentemente rivalutato come uno dei maggiori scultori italiani del
'700 -, le figure sembrano materializzarsi emergendo su vaporose nuvole
dalla parete, con la quale formano un tutt'uno. L'artista le firma
mediante una piccola lucertola, che si trova quasi sempre in un angolo,
una "serpe" che richiama il suo nome.
Nelle vicinanze di Ballarò si trova un altro tesoro: la chiesa di Casa
Professa, detta anche, poiché appartiene ai Gesuiti, Chiesa del Gesù.
E' considerata un capolavoro del barocco siciliano, e può o no piacere
a seconda dei gusti. Personalmente trovo che entrando in quella chiesa,
l' effervescente ricchezza di quel barocco finisca con il sopraffarti.
Ma, piaccia o no, non si può disconoscere che la chiesa di Casa
Professa sia un vero e proprio tesoro. L' interno (l'immagine è sopra
il titolo) è infatti interamente ricoperto di finissimi intarsi di
marmi policromi (di cui vi mostro un dettaglio), di perfetta esecuzione
- peccato non siano resi noti i nomi degli artigiani che li eseguirono,
che sono degni della più grande ammirazione - e devono essere costati
anni di paziente lavoro. Non mancano, naturalmente, dipinti e sculture
di grande pregio, che però, sommersi dalla sovrabbondante ricchezza
dell'ambiente, rischiano di passare inosservati.
Ma, per raffinati che siano, gli intarsi marmorei di Casa Professa non
sono il meglio che si possa trovare a Palermo. Per questo bisogna
andare nella chiesetta, quasi una cappella, dell'Immacolata Concezione,
che si trova al Capo, il terzo dei mercati all'aperto che ho citato
prima. L'esterno di questa chiesetta si intravede sulla destra nella
foto di quel mercato, sotto il titolo. Pare che spesso dei cortei
matrimoniali, con in testa gli sposi, si facciano strada tra le
bancarelle per raggiungere la chiesetta dove si svolgerà la cerimonia
nuziale. L'interno, di dimensioni modeste, appare ricchissimo, ed è
costituito anche questo da raffinatissimi intarsi marmorei che
ricoprono la gran parte delle pareti. Ma qui ci sono anche ben quattro
pannelli frontali di altrettanti altari in cui l'intarsio raggiunge la
dignità del dipinto. Ne mostro solo uno, che davvero sembra un quadro.
Ci sono anche, e come potrebbero mancare!, statue e dipinti degni di
nota, in un insieme barocco di grande coerenza stilistica.
27 novembre 2004
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