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Archeologia del presente
Il nuovo libro di Sebastiano Vassalli
di Mauro Reali


Archeologia del presente

Leo e Michela Ferrari sono i protagonisti dell'ultimo libro di Sebastiano Vassalli (Einaudi, lire 28.000), che finalmente "c'è", dopo qualche peripezia di natura strettamente tipografica che ne ha ritardato l'uscita, (cfr. "il libro che non c'è>", cronaca di un incontro per la presentazione di un libro fantasma). Li potremmo semplicisticamente definire due "sessantottini", passati - in oltre un trentennio di vita in comune - dalle rivolte studentesche, alla difesa dell'antipsichiatria e della medicina alternativa, alle battaglie pacifiste, ecologiste e persino animaliste, all'impegno per l'accoglienza degli extracomunitari. Dalle loro giovanili "comuni", alle loro successive case - grandi, belle, sempre aperte a tutti, come si conviene a due rivoluzionari di "buona famiglia" -, addirittura dai banchi del Parlamento - ove Leo venne eletto per una legislatura -, hanno però sempre agito in perfetta buona fede "per migliorare il mondo" o "per cambiare il mondo"; è lo stesso Vassalli che costantemente lo ripete, attraverso la voce del narratore, un architetto che - amico da sempre dei Ferrari e grande ammiratore del loro entusiasmo verso ogni nuova battaglia civile - è riuscito a vedere il mondo con occhi un po' più disincantati, adeguandosi senza troppi traumi ai suoi cambiamenti. Per lui, ripercorrere le tappe dell'avventurosa vita dei coniugi Ferrari, vuole però dire fare un'operazione di tipo rigorosamente archeologico, se pure "del presente": troppo difficile - al di là della ricostruzione oggettiva dei fatti - dare un'interpretazione di questi. Troppo recenti (la vicenda termina ai giorni nostri)? Troppo lontani (di gente come "i Ferrari" ce n'è sempre meno…)? Difficile dare una risposta. Così come è difficile dire se gli sforzi dei Ferrari (dai quali derivarono poche soddisfazioni, molte delusioni e - ma non anticipo la fine del libro…- gravi, drammatici, problemi di tipo personale e familiare) abbiano avuto un senso oppure no; se i Ferrari abbiano, insomma, almeno un po' "cambiato il mondo". Leggendo - tutto d'un fiato - questo libro, non poteva non risuonarmi in mente la recente canzone di Gaber La mia generazione ha perso. Ha davvero perso la generazione dei Ferrari, di Gaber, di Vassalli? Di quelli che - da noi oggi quarantenni - venivano con invidia visti, più o meno, come "quelli che hanno fatto il Sessantotto" - e che abbiamo talora assunto a modelli, quando non a miti? Non saprei dire se il mondo di oggi sia meglio o peggio di quello di ieri; forse è gattopardescamente "cambiato senza cambiare mai" (dal retro di copertina del libro di Vassalli). Di certo so che, senza gente come i Ferrari, "Chi affronterà le ingiustizie, ad una ad una, come don Chisciotte contro i mulini a vento? Chi eliminerà le scorie radioattive e le malattie iatrogene? Chi pulirà l'atmosfera, e ci restituirà le stagioni? Chi provvederà a cani e gatti abbandonati? Chi difenderà gli zingari e gli immigrati clandestini? Chi farà da scudo umano contro le guerre, e terrà lontano tutti i flagelli che ci perseguitano da sempre, e che non siamo ancora riusciti a sconfiggere?" (p. 171). Non so se abbiano vinto o perso; so solo che un mondo senza "Ferrari" (spesso definiti affettuosamente da Vassalli "rompicoglioni") mi piacerebbe di meno; insomma, ne vorrei in giro di più: e - ora la sparo grossa - vorrei vederne di più anche a Monza, dove - ahimé - di Ferrari se ne esalta sempre e solo un'altra.
Per saperne di più sull'autore: emsf rai

Mauro Reali


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16 giugno 2001